In provincia dell'Aquila, Pettorano sul Gizio si trova a 656 mt sul mare, ha 670 abitanti nel borgo e dista 8 km da Sulmona, 60 da L'Aquila e 72 da Pescara.
Castello nel 1093, con i Normanni il castello si consolidò nel XII secolo, sede di un feudo con a capo Oddone della famiglia dei conti del Molise. Conquistato dall'esercito di papa Gregorio IX nel 1229, ritorna poi a Federico II. Nel 1310 è trasmesso ai Cantelmo, probabili discendenti dei reali di Scozia, venuti in Italia al seguito di Carlo I D'Angiò, e rimase loro fino al 1750. Fabrizio Cantelmo operò i principali interventi edilizi e urbanistici nel XVII secolo di cui oggi sopravvivono le mura, 5 porte d'accesso e numerosi edifici civili e religiosi. Dopo il terremoto del 1706 ai Cantelmo succedono i Montemiletto che tengono il feudo fino al 1806. Il fenomeno dell'emigrazione inizia nel XX secolo, verso le Americhe, l'Europa e il Nord Italia.
Pettorano sul Gizio è ancora ricco di feste e tradizioni, restano vivi i costumi delle donne, il re Carnevale, i ceri sui davanzali nel giorno dei Morti, ecc., tutto testimonia le antiche usanze. Nel paese si respira aria di Medioevo, le antiche stradine scendono verso le mura tra scalette, cortili e antichi edifici. All'interno delle mura ci sono molti edifici di pregio di epoca tardo-rinascimentale e barocca ed edifici precedenti al XV secolo. Il terremoto del 1706 portò a nuove ricostruzioni, come la chiesa Madre, riaperta nel 1728. La piccola chiesa extramuraria di San Nicola esisteva già prima del 1112, dalla chiesa della Madonna della Libera partono le caratteristiche stradine (rue) che conducono al fiume Gizio. Il Castello dei Cantelmo è stato ristrutturato, rimangono imponenti resti e la torre a puntone su base pentagonale che domina il borgo. Il palazzo Ducale era la residenza dei Cantelmo, con una corte interna; palazzo De Stephanis conserva la facciata rococò; palazzo Croce conserva all'interno l'unico frammento rinvenuto in Occidente dell'Editto di Diocleziano (301 d.C.); altro edificio imponente è palazzo Giuliani (XVIII secolo), e infine palazzo Vitto-Massei.
La polenta fu il piatto unico degli abitanti fino agli anni Cinquanta, che passavano lunghi periodi lontano da casa per estrarre il carbone. Era insaporita con qualche aringa. Il piatto tipico è la "polenta rognosa", cotta nel paiolo di rame, tagliata a fette; poi i mugnoli e cazzarielli (gnocchetti di farina e acqua conditi con verdura).
Pettorano è all'interno dell'area protetta del Monte Genzana Alto Gizio, nella Riserva Naturale Regionale Monte Genzana Alto Gizio.
Il Castello Cantelmo è visitabile. Nel Parco di Archeologia Industriale Antichi si trovano opifici ad acqua, tre mulini ed una ramiera.
Molto grazioso si si si! :o) Leggendo i piatti tipici locali da' la sensazione che fontamentalmente sia stato un paese ove la vita era molto difficile :o( Le migrazioni hanno portato via tanta gente ma indubbiamente questa cittadina e' rimasta nel loro cuore ... forse tornarono o semplicemente mandavano il frutto delle loro fatiche qua dato che e' comunque ben tenuta e conservata :o) Me piase si'!
RispondiElimina@ ZeN: Molti i borghi montani che si sfamavano a polenta, i più fortunati sorgevano lungo le strade della transumanza o a confine con altri feudi, curati dai signori del luogo solo come avamposto a protezione del loro territorio. Pettorano sta arroccato stretto stretto su una collina, è così stretto che pure il castello non ha una piazza d'armi interna. Non c'era posto. ;o)
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