Stile mudejar

"Mudejar" deriva dall'arabo "mudeggian", rimanere.

Nome dei musulmani di Spagna rimasti fedeli all'Islam nei territori riconquistati dai Cristiani, e la produzione artistica dei mudejar che, dopo la Reconquista, continuarono a lavorare per i principi cristiani perpetuando la tradizione moresca.

Lo stile mudejar spesso convisse e si mescolò con altri stili (romanico-mudejar, gotico-mudejar, ecc.) nel multiforme quadro dell'architettura spagnola, fiorì in diversi centri e periodi: a Toledo nel XII secolo, a Valladolid, Guadalajara, Siviglia, Teruel, Saragozza, Cordoba, fino al XVI secolo.

Gli esempi più rappresentativi sono la chiesa di Santa Maria la Blanca (1405) a Toledo,

dalla Casa de Pilatos (1492-1533) e

dall'Alcazar di Siviglia (1364-78).

Soprattutto nelle arti decorative il mudejar ebbe una straordinaria fioritura, con caratteri che continuavano quelli moreschi la cui tradizione, pur con inserti gotici e poi rinascimentali, si è conservata fino a oggi con la tradizione popolare. Le decorazioni della cappella di San Fernando nella moschea di Cordoba (1258) e quelle dell'Alcazar di Siviglia sono le testimonianze più vistose di questo fenomeno che, in un primo momento, ebbe come capitale artistica Toledo.

I motivi moreschi (stalattiti, arabeschi, iscrizioni e losanghe) si mescolano spesso con la flora naturalistica e gli animali dello stile gotico. Molto diffuso fu l'intaglio in legno per ornare stipiti, mensole, stalli, ecc., combinandosi con dorature e pitture, come pure l'uso della ceramica per rivestire pareti, zoccoli e pavimenti.

Le fabbriche di Valencia lanciarono la moda dell'azulejo, in azzurro su fondo bianco, mentre quella di Manises e di Malaga si specializzarono nella produzione di ceramica a lustro.

Notevole la produzione di armi, la lavorzione del ferro battuto, del cuoio, dei tessuti, dei ricami e dei tappeti.