Il matrimonio di Oberon e Titania
John Anster Fitzgerald
(tutte le foto sono di wikipedia.org)
Creature leggendarie delle fiabe e dei miti di origine principalmente italiana e francese, con figure affini nelle mitologie dell'Europa dell'Est. Nell'Europa meridionale la fata è totalmente soprannaturale e d'aspetto umano. Il nome "fata" deriva dal nome latino delle Parche, Fatae, ovvero coloro che presiedono al Fato (Fatum, destino). La fata è un essere etereo e magico, una sorta di spirito della natura. Come le ninfe sono spiriti naturali con sembianze di fanciulla, come le Parche presiedono al destino dell'uomo, dispensando vizi e virtù. Le prime fate apparvero nel Medioevo come proiezione delle ninfe. Ufficializzate verso la fine del Medioevo, prendono l'aspetto delle dame dell'epoca con ingombranti copricapo conici e lunghi abiti colorati, man mano venne loro attribuita una verga (bacchetta) magica. Ogni fiabista ha aggiunto particolari al loro carattere. L'origine delle fate è varia, a seconda delle culture, per questo motivo ci sono diverse teorie che spiegano la nascita di queste creature. Una tradizione popolare diffusa nelle campagne di cultura celtica afferma che questi esseri fatati siano "angeli caduti" condotti fuori dal paradiso da Lucifero, ma non abbastanza crudeli da essere rinchiusi all'inferno e quindi destinati ad abitare sulla terra. In base al loro atterraggio assumono le caratteristiche dell'ambiente, per esempio le fate cadute nell'acqua si sono trasformate in Ondine o ninfe marine. Nella mitologia greca, tre dee, figlie di Zeus, erano responsabili della vita dell'uomo. Queste dee erano chiamate Parche, custodivano nelle loro mani un lunghissimo filo, prezioso e magico, che rappresentava il destino degli uomini.
Melusine
Heinrich Vogeler, 1910
Ogni giorno la dea più anziana lo tesseva con cura e lo misurava, mentre la dea più piccola lo tagliava. Quando venivano infastidite dal comportamento degli umani, lo tagliavano di netto e lo aggrovigliavano nel più fastidioso dei modi in modo da infliggere una giusta punizione alla razza umana. La fairy inglese e celtica è associata alla fata, invece la sostanziale differenza è nel fatto che le fate vogliono interagire con gli umani, mentre le fairies preferiscono rimanere invisibili all'uomo. In Romagna le fate dispensano protezioni, in particolare ai bimbi appena nati. Per ricevere la loro benevolenza occorreva svolgere vari rituali scaramantici come offrire pani bianchi o focacce durante il loro passaggio (alla Vigilia dei Morti, la Notte di Natale o dell'Epifania), o recitare parole fatate e invocazioni, che si usavano anche in Toscana, per propiziarsi la fata del mattino nel mettersi in viaggio. In Lucchesia e Garfagnana si dice che in alcuni luoghi alpestri, all'alba, è possibile vedere dei riflessi bianchi sulla cima delle montagne. Questi riflessi sono i bianchi vestiti delle fate stesi al sole (il bucatino delle fate). In Bretagna sono chiamate druidesse, penetrano i segreti della natura e appaiono dal mondo dell'invisibile. Abitavano in fondo ai pozzi, in riva ai torrenti, in oscure caverne o nelle fitte foreste. Il loro potere principale era quello di poter trasformare gli uomini in bestie (come le maghe orientali). Nelle leggende bretoni le fate, con la loro amicizia o il loro odio, potevano decidere della felicità o della disgrazia di una famiglia. Nei romanzi cavallereschi e nei racconti compaiono spesso la fata buona (che spesso viene sconfitta) e la fata cattiva, che è più potente.
Dame del XIV secolo
Il loro abbigliamento ricorda quello delle fate
Le fate sono tutte di sesso femminile, non sono molto alte, sono molto gracili, con pelle chiarissima, quasi perlacea. Il loro abbigliamento è quello tipico del XIV-XV secolo, con il lungo hennin (cappello conico o a tronco di cono) e abiti variopinti. Ogni fata indossa un abito di un solo colore che rispecchia la sua personalità. Portano gonne lunghissime per coprire eventuali deformità (una parte del corpo bovina o caprina, come code, zoccoli, ecc.) e cappelli lunghissimi per apparire più alte. Vivono molto a lungo, non muoiono ma si incantano nei propri palazzi, dove restano per l'eternità. Possono mostrarsi sotto qualsiasi spoglia vogliano, che sia una bambina, una giovane o un'anziana. Alcuni ritengono che le fate siano prodotti spontanei della natura o che abbiano una madre comune. Non è raro che sposino umani ma le loro figlie raramente ereditano poteri. La loro indole non è sempre buona, si distinguono per la vanità e l'egocentrismo, sono molto permalose e irascibili, si trasformano facilmente in furie e possono mandare maledizioni. Le fate dei Monti Sibillini animano narrazioni, leggende e tradizioni di magia e simbolismo del territorio. Sono descritte come giovani donne abitatrici della grotta della Sibilla (caverna a 2150 mt vicino alla vetta del monte Sibilla, nelle Marche), oracolo degli Appennini, di cui formavano la corte. Insegnavano le arti femminili del tessere e del filare. Nottetempo scendevano a valle per danzare con i pastori e si ritiravano sulla montagna prima del sorgere del sole.
Lily Fairy
Luis Ricardo Falero (1888)
Melusine
Heinrich Vogeler, 1910
Ogni giorno la dea più anziana lo tesseva con cura e lo misurava, mentre la dea più piccola lo tagliava. Quando venivano infastidite dal comportamento degli umani, lo tagliavano di netto e lo aggrovigliavano nel più fastidioso dei modi in modo da infliggere una giusta punizione alla razza umana. La fairy inglese e celtica è associata alla fata, invece la sostanziale differenza è nel fatto che le fate vogliono interagire con gli umani, mentre le fairies preferiscono rimanere invisibili all'uomo. In Romagna le fate dispensano protezioni, in particolare ai bimbi appena nati. Per ricevere la loro benevolenza occorreva svolgere vari rituali scaramantici come offrire pani bianchi o focacce durante il loro passaggio (alla Vigilia dei Morti, la Notte di Natale o dell'Epifania), o recitare parole fatate e invocazioni, che si usavano anche in Toscana, per propiziarsi la fata del mattino nel mettersi in viaggio. In Lucchesia e Garfagnana si dice che in alcuni luoghi alpestri, all'alba, è possibile vedere dei riflessi bianchi sulla cima delle montagne. Questi riflessi sono i bianchi vestiti delle fate stesi al sole (il bucatino delle fate). In Bretagna sono chiamate druidesse, penetrano i segreti della natura e appaiono dal mondo dell'invisibile. Abitavano in fondo ai pozzi, in riva ai torrenti, in oscure caverne o nelle fitte foreste. Il loro potere principale era quello di poter trasformare gli uomini in bestie (come le maghe orientali). Nelle leggende bretoni le fate, con la loro amicizia o il loro odio, potevano decidere della felicità o della disgrazia di una famiglia. Nei romanzi cavallereschi e nei racconti compaiono spesso la fata buona (che spesso viene sconfitta) e la fata cattiva, che è più potente.
Dame del XIV secolo
Il loro abbigliamento ricorda quello delle fate
Le fate sono tutte di sesso femminile, non sono molto alte, sono molto gracili, con pelle chiarissima, quasi perlacea. Il loro abbigliamento è quello tipico del XIV-XV secolo, con il lungo hennin (cappello conico o a tronco di cono) e abiti variopinti. Ogni fata indossa un abito di un solo colore che rispecchia la sua personalità. Portano gonne lunghissime per coprire eventuali deformità (una parte del corpo bovina o caprina, come code, zoccoli, ecc.) e cappelli lunghissimi per apparire più alte. Vivono molto a lungo, non muoiono ma si incantano nei propri palazzi, dove restano per l'eternità. Possono mostrarsi sotto qualsiasi spoglia vogliano, che sia una bambina, una giovane o un'anziana. Alcuni ritengono che le fate siano prodotti spontanei della natura o che abbiano una madre comune. Non è raro che sposino umani ma le loro figlie raramente ereditano poteri. La loro indole non è sempre buona, si distinguono per la vanità e l'egocentrismo, sono molto permalose e irascibili, si trasformano facilmente in furie e possono mandare maledizioni. Le fate dei Monti Sibillini animano narrazioni, leggende e tradizioni di magia e simbolismo del territorio. Sono descritte come giovani donne abitatrici della grotta della Sibilla (caverna a 2150 mt vicino alla vetta del monte Sibilla, nelle Marche), oracolo degli Appennini, di cui formavano la corte. Insegnavano le arti femminili del tessere e del filare. Nottetempo scendevano a valle per danzare con i pastori e si ritiravano sulla montagna prima del sorgere del sole.
Lily Fairy
Luis Ricardo Falero (1888)
Paese che vai, fata che trovi! :o) Io le immagino come le fairies inglesi pero' non che si celano sempre all'uomo, che non hanno parti anatomiche animali e che sono buone. Secondo me si rivelano solo se si ha veramente bisogno di loro. Si' ... ehm me le immagino a modo mio eh (non so' se si era capito) :oD
RispondiElimina@ ZeN: Considerando il caratterino, io mi immagino che appaiono quando vogliono loro e che aiutino o no solo se gli stai simpatico. :o)
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