domenica 11 marzo 2012

Pelle altrui




Il 60% delle importazioni di scarpe in Europa è in pelle. La lavorazione del cuoio grezzo spesso si trova in Paesi molto lontani con condizioni di lavoro inumane.
Il maggior esportatore mondiale di pellame bovino è il Mato Grosso, in Brasile, che possiede le più grandi mandrie di bovini al mondo e una selvaggia deforestazione per creare pascoli per gli allevamenti. 
Nel Tamil Nadu, in India, c'è il 60% delle concerie del Paese e il bestiame nei mattatoi viene soppresso senza alcun riguardo alla sofferenza. I lavoratori percepiscono salari inadeguati e soffrono di malattie professionali per le cattive condizioni di lavoro.
Le concerie sono molto inquinanti ma, essendo costoso trattare le acque utilizzate per la concia (specie fuori dall'Europa), gli acidi, i sali e i metalli pesanti contaminano le falde acquifere e le aree coltivate vicine.
Poche le aziende etiche.
In Italia ci sono circa 1300 concerie, molte in Veneto, le merci che provengono dall'estero arriva in maggioranza da Stati dell'Unione europea. I Marchi "Vera pelle" e "Vero cuoio" garantiscono l'uso di pelle italiana nel rispetto di criteri socioambientali definiti. Manca un'etichettatura di origine che indichi i requisiti ambientali ed etici per i prodotti esteri.
L'Italia è al quarto posto per consumo di calzature in Europa. Il Brasile è il maggior esportatore di pelle seguito da Usa, Italia e Argentina. L'87% della produzione mondiale di scarpe è in Asia: Cina, India e Vietnam sono i maggiori produttori.
Fra i grandi marchi mondiali un plauso va a Timberland, che si impegna sia per l'ambiente che negli aspetti etici. Usa prodotti senza solventi, che inquinano di meno e sono meno dannosi ai lavoratori. Non compra dal Brasile, per non favorire la deforestazione.
La francese Veja sottopone i suoi prodotti alla certificazione "Fairtrade", fornisce informazioni sugli standard socioambientali tramite il proprio sito. 
La Clarks impone requisiti ai propri fornitori, utilizza materiali riciclati, controlla le politiche sociali della manifattura e dei fornitori indiretti. 
La Geox sceglie almeno il 25% dei fornitori aderenti al Leather Working Group, che valuta e controlla le pratiche ambientali.
 

2 commenti:

  1. L'attenzione e' sempre accentrata sulle pellicce e altri prodotti fanno i loro danni in sordina :o( Animali barbaramente uccisi, ambienti inquinati o devastati, lavoratori sfruttati ... e' questo il vero prezzo da pagare per indossare un paio di scarpe? Ben vengano fabbriche manifatturiere che controllano le qualita' delle materie prime ....peccato per i prezzi ... a volte inaccessbili :o(

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  2. @ ZeN: Purtroppo queste cose hanno un costo. Se posso preferisco acquistare borse e scarpe di qualità e tenermele per una decina d'anni. Credo che se non ci si fa prendere continuamente dalle novità della moda sia possibile evitare tante stragi. E non mi riferisco solo agli animali...
    Da brava ex amministratrice ammortizzo il prezzo con gli anni d'uso. Alla fine, spendo molto di meno di molte donne che comprano continuamente a basso costo. In questo modo molti meno animali vengono uccisi, le aziende guarderebbero di più alla qualità del prodotto e a quella delle varie fasi di produzione e si inquina meno...
    Esempio: la mia prima borsa è costata 300 euro, nel 2006. Ce l'ho ancora...a tutt'oggi mi è costata 50 euro l'anno, e durerà ancora! :o)))
    Ne compero una ogni 5 anni minimo, e solo se una si scassa! ;o)

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