Non è un'opera d'arte ma fa parte della storia di Roma, Regina Coeli, come altre storiche carceri italiane. Si trova in Via della Lungara a Trastevere, del 1654 già sede di un convento fu convertito all'attuale uso nel 1881. Il nome deriva dalla struttura religiosa dedicata a Maria Regina Coeli, nella tradizione popolare, per la sua ubicazione a ridosso del Gianicolo, era consuetudine che i familiari dei detenuti si riunissero al Faro del Gianicolo (a qualche decina di metri dal carcere) per comunicare gridando con loro, per rispetto le forze dell'ordine non impedivano queste comunicazioni a condizione che lo scambio riguardasse solo notizie importanti e urgenti.
Al Faro c'erano anche persone con la voce possente che a turno si prestavano gratuitamente a far da portavoce per conto delle donne e di chiunque ne avesse bisogno, inoltre ordinavano il traffico delle comunicazioni verso il carcere. Analogamente all'interno della struttura le comunicazioni erano inoltrate passando per una sola delle celle che diveniva un centro di smistamento. Per entrare nell'edificio bisogna salire tre scalini, sono quelli che, secondo la tradizione, danno la patente di romano soltanto a chi li ha oltrepassati.
Regina Coeli, alias RegGina Celi o RegGina Coeli per chi non legge correttamente la 'oe' latina che diventa solo 'e' (praticamente quasi tutti ahahah). Credo che per un romano verace del 1800/1900 era un qualcosa di piu' di un semplice carcere ... era praticamente un'istituzione! Siamo negli anni dei malandrini e delle coRtellate, negli anni in cui c'era tanta fame ma anche tante ruberie, oltre agli altri tradizionali reati. Ogni rione aveva il suo 'er piu' de ...' ( er piu' de TrEstevere, er piu' de Monti etc etc) che significava capo banda. Essere arrestati e quindi andare a Regina Coeli, diventava motivo di vanto e di romanita', in questo caso malavitosa, come se fosse un vero e proprio Battesimo che confermava la pericolosita' del soggetto diventando cosi' degno di rispetto. L'edificio in se' stesso e' una classica costruzione seicentesca, fuori non particolarmente interessante, figuriamoci dentro! Non credo che abbia mai subito alcun tipo di rifacimento e immagino quindi che i locali siano piuttosto angusti. Molto nominata anche l'ala femminile delle Mantellate. Il comunicare a suon di urla con i detenuti, stando al Gianicolo, e' stata usanza piu' che cinquantenaria. Con il tempo e l'entrata in funzione del nuovo carcere cittadino (Rebibbia, 1970 circa) Rebibbia ha perso molta della sua 'tipica' importanza diventando un luogo non assolutamente ambito per chi deve scontar pena. Piu' che un manufatto storico e' proprio un simbolo di Roma.
RispondiElimina@ ZeN: Apposta ho messo Regina Coeli! So che è un simbolo di Roma qualsiasi sia il suo aspetto. Noto che hai "italianizzato" il "Giannicolo". :D
RispondiEliminaIl romanesco mette le doppie molto spesso nelle parole e, casomai, le toglie in altre, in più la "zeta" sostituisce la "esse", e via così. Ho voluto menzionare questo carcere perchè, essendo un'amante dei vecchi film in bianco e nero (Magnani, Totò, Fabrizi, ecc.), il suo nome spesso echeggia nella trama, si vede di sguincio e alcune volte era considerato addirittura "casa", per gli habituè era una famiglia a cui ritornare, lì c'erano i loro amici di sempre agenti compresi e le madri di questi residenti a singhiozzo erano ben preparate a far loro le valigie come andassero in vacanza. Per me è molto particolare questo rapporto con un carcere che merita di essere raccontato. :o)