martedì 8 novembre 2016

Il proletariato

Dall'Industrial Workers of The World, 1911
"Il proletariato lavora per tutti e sfama tutti"
foto da wikipedia.org


Nelle società moderne il proletariato è la classe dei lavoratori manuali privi di capitali e di ogni altro mezzo che non sia la loro capacità di lavorare.
Il termine ha un origine molto antica, "proletarii" nell'antica Roma venivano denominati gli strati più bassi della società, ricchi solo della loro prole, e fino al XIX secolo in Europa il concetto è stato impiegato in modo generico per designare classi inferiori, caricandosi di significati accessori come l'ignoranza, la povertà, la criminalità, ecc.
Con K. Marx vi è un uso più preciso del termine: la classe dei proletari è la classe dei lavoratori espropriati degli strumenti di produzione a opera dei capitalisti e pertanto costretti a sopravvivere vendendo la loro forza-lavoro in cambio di un salario. Per Marx il proletario è una delle classi fondamentali insieme alla borghesia, è la lotta fra queste due classi  che determina la storia della società capitalistica. Il proletariato, con lo sviluppo della produzione industriale, si accresce enormemente e al tempo stesso si concentra e si rafforza prendendo coscienza  della necessità delle propria emancipazione economica, politica e sociale che conduce alla fine del dominio borghese sulla società e alla rivoluzione proletaria. Lenin ha poi sviluppato il concetto di dittatura del proletariato. Nella tradizione marxista l'intera società borghese poggia sul lavoro dei proletari, questi, dal momento che sono i principali produttori della ricchezza sociale, non possono non essere anche i più accaniti avversari dei detentori di tale ricchezza. Nell'uso corrente il proletario non è solo quello salariato dall'industria, ma anche un proletario agricolo. Esiste anche il proletario dei ceti medi che indica che le condizioni di vita e di lavoro di una notevole parte degli impiegati nelle società moderne si vanno sempre più avvicinando a quelle della classe operaia.


 Il laminatoio di ferro, di Adolph von Menzel


Dallo sfruttamento della forza-lavoro il capitalista ottiene il plusvalore delle merci e l'accumulazione del profitto. Secondo Marx i sottoproletari sono i proletari che non hanno sviluppato una propria coscienza politica.
La dittatura del proletariato nel concetto marxista-leninista significa la presa del potere dei proletari come strumento transitorio, per creare le condizioni che permettano di eliminare ogni oppressione di una classe sociale sulle altre e di portare all'estinzione ogni potere politico.


 Iron and coal, di William Bell Scott

2 commenti:

  1. E' una parola quasi completamente caduta in disuso e che evoca lotte di qualche generazione fa' :o( Attualmente ammettere di essere 'proletario' non ha piu' quella valenza positiva di persona 'disgrassia' che comunque lavora ... il lavoro non c'e' piu' e il proletario si e' trasformato in 'precario' ... ovvero un proletario che mangia a intermittenza :o(
    Comunque, tanto per esser chiari, e' proprio cambiato il modo di 'vedere' il lavoro da parte di molti e di parecchie classi sociali: 'l'orgoglio' di lavorare ha lasciato il passo alla furbizia di cercare di non lavorare e di incassare lo stesso :o(

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  2. @ ZeN: All'epoca l'unico modo per poter vivere era lavorare. Non c'era un granchè la mentalità di mangisre a ufo e tantomeno di esserne orgogliosi in quanto la società disprezzava queste persone. E parlo di uomini, perchè le donne del popolo minimo minimo partorivano in continuazione, badavano alla casa e spesso andavano pure al lavoro sui campi o in fabbrica. Gli "stipendi" erano così bassi che mettevano a lavorare anche i figli piccolissimi che, insieme alle donne, guadagnavano molto meno degli uomini. E perchè? Solo per sopravvivere. Per non parlare delle ore giornaliere di lavoro (tantissime, altro che 8!) e del lavoro 7 giorni su 7. Al di là degli estremismi, senza l'apporto della sinistra dell'epoca saremmo rimasti in condizioni inumane...il proletariato è, come dici tu, una parola da anni desueta, ma credo che ricordare come eravamo possa collocare meglio quello che siamo oggi. Nel bene o nel male. ;o)

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