sabato 8 ottobre 2016

Francisco Pizarro (1475 circa-1541)





Conquistatore spagnolo nato a Trujillo, figlio illegittimo del capitano Gonzalo Pizarro Rodriguez de Aguila detto "El largo", sua madre era di umili origini. Fu riconosciuto dal padre ma non venne mai ammesso nella famiglia Pizarro. La sua educazione fu molto limitata, pare non sapesse leggere e scrivere. Fu un pastore di maiali che pare fuggì nelle Americhe per timore della punizione per la perdita di un esemplare. Seguì giovanissimo il padre nelle guerre d'Italia (1498-1501), poi partì per l'America a "far fortuna". Seppe che esisteva un impero ricchissimo, il Perù, e decise insieme a Hernando de Luque (che fornì un piccolo capitale) e Diego de Almagro (spericolato avventuriero come lui) di conquistarlo. Dopo due viaggi di esplorazione e un soggiorno in Spagna per i permessi burocratici, nel 1531 partì per la folle impresa con 3 navi, 185 soldati e 37 cavalli a cui di aggiunsero più tardi 153 uomini e 50 cavalli di Almagro.
Fu nominato sindaco della città di Panama e si dedicò ad alcune fattorie (encomiendas) che gli diedero un piccolo capitale.
Rivelando un talento tattico e strategico di prim'ordine, audacia e spietatezza senza pari, distrusse l'impero incaico, fondò nuove città come Lima e Truijllo, scalò più volte le Ande, si arricchì favolosamente e governò il Perù come un monarca. Seppe vincere temibili rivali spagnoli (come l'ex socio Almagro, che fu giustiziato) prima di essere lui stesso assassinato nel suo palazzo di Lima da un gruppo di congiurati almagristi.
Per eguagliare le fortune di Cortes in Messico si indirizzò verso i territori meridionali ancora inesplorati. La prima spedizione si rivelò un disastro in quanto le zone dell'odierno Ecuador erano selvagge e disabitate. La seconda spedizione mise a repentaglio la vita di tutti i componenti, sempre in lotta con le insidie della giungla e la minaccia di morire di fame, ma riuscirono ad arrivare a Tumbez, la porta marittima dell'impero peruviano, con un vascello che era venuto loro in soccorso.Tornati a Panamà poterono mostrare alcuni monili d'oro, dei manufatti, alcuni lama e dei giovani indigeni raccolti sul posto. Il governatore però non gli concesse un'altra spedizione credendolo pazzo. Pizarro e i suoi soci pensarono di chiedere allora aiuto direttamente alla Corona. A nome di tutti Pizarro s'imbarcò per la Spagna e riuscì a convincere i regnanti del possibile successo dell'impresa di spedizione. Purchè i promotori la finanziassero personalmente, la Corona partecipò poco alle spese, per lo più fornì alcuni cavalli e pochi cannoni, in compenso le cariche furono offerte con generosità. Così Pizarro ottenne l'autorizzazione ad armare una propria spedizione impegnandosi a reclutare, a sue spese, un esercito di 250 uomini, in cambio ottenne la carica di "governatore" dei futuri territori conquistati. Non riuscì a reclutare tutti gli uomini in Spagna ma riunì alcuni suoi parenti e salpò.
  Nel corso dei dieci anni della sua eccezionale avventura Pizarro commise atti di ignobile crudeltà e cupidigia fra cui la cattura a tradimento e l'esecuzione dell'inca Atahualpa, dopo avergli estorto un favoloso riscatto in oro e argento. Comprensibili gli odi e le invidie che suscitò presso i suoi stessi compagni, molti dei quali finirono tragicamente come lui.


 foto di wikipedia.org


Nel 1531 un'audace brigata partì per il sud, era composta da poco meno di 200 uomini e tre navi, ma era molto determinata. Quando arrivarono a Tumbez la cittadina era distrutta, nell'impero era in corso una guerra civile fra i fratelli Atahualpa e Huascar. Pizarro offrì i suoi servigi al primo per inserirsi nella lotta per il potere supremo. Atahualpa vinse e Pizarro con i suoi uomini arrivò alla sua capitale, Cajamarca, si rese conto della forza che avrebbero dovuto affrontare: un esercito di più di 3000 uomini. Mandò un Domenicano a parlare con Atahualpa, questi intimò al re inca di sottomettersi al sommo Pontefice e che le sue terre erano del re di Spagna. Atahualpa (circondato da dignitari disarmati) si sorprese e si indignò, chiese da dove venissero quelle pretese, il prete gli mostrò la Bibbia che l'inca prese, guardò e l'accostò all'orecchio. Non sentendo alcun suono (la parola di Dio) la gettò a terra. Al rientro del prete gli Spagnoli partirono all'attacco, l'azione fu talmente rapida e inaspettata che gli Inca disarmati non poterono apporre nessuna resistenza e caddero sotto i colpi dei conquistadores. Atahualpa venne catturato e trascinato in una costruzione mentre continuava la carneficina senza che l'esercito inca intervenisse perchè privo di ordini.
Gli Inca non conoscevano il ferro nè le armi, usavano frecce, mazze o fionde, poco efficaci contro le armature e le spade d'acciaio degli Spagnoli che contavano anche su alcuni piccoli pezzi di artiglieria, un gruppo di archibugieri e soprattutto sui cavalli. Atahualpa, nella speranza di salvarsi la vita, offrì un favoloso riscatto (si stima pari a oltre 40milioni di euro) che trovò spogliando i templi del suo regno, ma i suoi carcerieri lo giustiziarono con la garrota. Il re era in lacrime davanti alla moglie e ai due figli, nella piazza principale di Cajamarca.
La conquista proseguì con la presa di Cuzco, grazie alla defezione di molte tribù soggette ai signori della città. Pizarro, ormai governatore di un vasto impero, fondò la sua capitale nel 1535, l'odierna Lima. I territori inesplorati vennero successivamente conquistati e Pizarro distribuì generosamente tra i suoi commilitoni cariche e incombenze creando una rete di fedeli collaboratori. Successivamente gli Inca insorsero trucidando i coloni spagnoli isolati, ma furono sconfitti. Per evitare altre cruente incursioni Pizarro tentò di accordarsi con Manco (suo ex commilitone Inca che gli si era ribellato) ma questi rifiutò. Iniziò allora una feroce politica di repressione disapprovata dai cronisti spagnoli dell'epoca, il governatore costruì una serie di capisaldi fortificati, sorsero così alcune delle future città del Perù (come Arequipa). I "Cileni" ufficialmente non erano perseguitati ma nei loro confronti furono esercitate misure repressive che li esasperarono, furono privati di tutte le fonti di reddito e furono ridotti in povertà, ma non si piegarono preferendo vivere nell'indigenza. Nel 1541 irruppero nella casa del governatore uccidendo lui e i pochi presenti.
Pizarro fu sotterrato in una fossa, attualmente si trova a Lima, nella cattedrale. Non di sposò mai ma ebbe alcuni figli da due concubine indigene, entrambe principesse di nobile stirpe.
La ribellione degli Inca continuò fino al 1571 quando l'ultimo signore Inca, Tupac Amaru, venne giustiziato dal vicerè Francisco de Toledo.


Statua equestre, Trujillo, Spagna

2 commenti:

  1. Chissa' se la buonanima di Colombo si sarebbe mai immaginato 'il dopo' della sua scoperta :o( Per alcuni secoli tutte le Americhe sono diventatoe un'immenso campo di battaglia con scenari di indescrivibile crudelta' :o( Pizarro non e' stato da meno, anzi diciamo che si e' comportato 'in linea' come tutti gli altri :o( Popolazioni di cultura millenaria sono tramontate ... che tristezza infinita :o(

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  2. @ ZeN: Dove passa il tornado nulla resta. E' un'epopea comune a molti popoli. Anche oggi c'è, ma lavora sottotraccia scatenando apparenti guerre fratricide. La differenza dal passato è che all'epoca, in qualche modo, gli Spagnoli portarono un certo progresso, oggi invece l'arretratezza e l'ignoranza sono la base su cui fioriscono gli imperi economici. :o/

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