(Da: psicocafe.blogosfere.it)
Capita a tutti, prima o poi, di dover fare i conti con la solitudine. Ma l'uomo è un essere sociale e la solitudine lo fa soffrire. A volte tanto da comprometterne la salute.
Sull'argomento il professor John T. Cacioppo e lo scrittore William Patrick hanno dedicato il libro "Solitudine: l'essere umano e il bisogno dell'altro", Edizioni Il Saggiatore.
Affermano che una condizione prolungata di solitudine può provocare conseguenze analoghe a quelle causate da ipertensione, obesità e fumo e compromettere le nostre funzioni immunitarie e cardiovascolari.
L'uomo si è evoluto come essere sociale, sin dalla notte dei tempi era il gruppo che garantiva maggiore sicurezza. In milioni di anni l'evoluzione ha saldato il bisogno di connessione con i nostri simili nella parte più profonda del nostro essere. Ecco perchè, quando siamo in relazione con gli altri, non solo ci sentiamo bene, ma anche sicuri.
Tutti possiamo scivolare dentro e fuori la solitudine: per scrivere, per comporre, per meditare, ma sono brevi periodi e soprattutto frutto di una decisione. Allora gli effetti sono rigeneranti. Stare da soli e sentirsi soli sono due cose distinte. Il malessere che proviamo in momenti di solitudine è generato dal profondo senso di frustrazione che avvertiamo quando ci sentiamo soli nostro malgrado, indipendentemente se ci troviamo a casa con la nostra famiglia, al lavoro in un ufficio gremito di persone o da soli in una camera d'albergo.
A volte la solitudine è così forte che sembra produrre un dolore fisico. Questo è dovuto alle aree cerebrali che si attivano quando ci sentiamo profondamente soli, che sono le stesse che si attivano quando proviamo un dolore fisico. E' un meccanismo che i nostri geni hanno messo a punto per segnalarci che stiamo mettendo a rischio la nostra sicurezza, per spingerci a riallacciare relazioni significative coi nostri simili.
La sensazione cronica di solitudine ha un potere devastante sui nostri centri di autoregolazione e può mandarci fuori uso. Se protratta per molto tempo altera la chimica del nostro corpo e influenza negativamente anche il nostro comportamento: anzichè cercare gli altri si finisce per rifuggirli e alla lunga anche gli altri si allontanano da noi. La solitudine, così, si autoalimenta.
Il segreto per combatterla è capire che si tratta solo di un segnale biologico del nostro corpo, che non va sottovalutato, ma affrontato.
La predisposizione genetica alle relazioni sociali varia molto da una persona all'altra. Per spezzare la catena della solitudine bisogna cercare di andare oltre il proprio dolore, iniziare con piccoli passi e aspettative modeste. Il primo passo è riconoscere che abbandonarsi a pensieri negativi è una faccenda seria e nociva, e poi dare un nuovo corso ai pensieri. Si può iniziare stabilendo un contatto dal fruttivendolo o in biblioteca, con il sorriso e la gentilezza. E guardate che faccia fa. Le sensazioni positive contribuiscono al nostro desiderio di cambiare e ci danno fiducia in noi stessi, proprio quando traballiamo.
La solitudine intensifica la nostra sorveglianza dalle minacce e indebolisce le nostre capacità cognitive, ma grazie al calore delle relazioni la nostra mente diventa libera di concentrarsi su nuove sfide.
Dice un proverbio africano "Se vuoi andare veloce, vai da solo. Ma se vuoi andare lontano, vai con altri".
lunedì 20 settembre 2010
Solitudine
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La solitudine e' uno stato d'animo che ricorre nella nostra vita ciclicamente....soprattutto quando c'e' da superare qualche difficolta'. Spesso ci si sente soli anche se non lo siamo effettivamente, perche' in quel momento non percepiamo 'l'altro'. Si' forzarsi , uscire e iniziare a piccoli passi a colloquiare con qualcuno fa' molto bene :o)
RispondiElimina@ ZENITeNADIR: Ci sono persone che non tollerano rimanere sole, preferiscono una falsa "compagnia" a una sana solitudine. Accettano tutto e tutti, cani e porci, pur di vedere gente. Ce ne sono altre che stanno tranquillamente da sole, che riempiono la loro vita con le loro scelte, la loro libertà, la loro indipendenza in modo positivo e aperto. Non rifiutano nessuno, e accettano solo le persone che stimano e con cui possono intessere rapporti di complicità, intesa, di stima, onestà e affetto. E ci sono persone mai sole che soffrono terribilmente la solitudine. Penso sia la situazione peggiore, perchè il tempo sottolinea quello che desiderano dai loro cari, quello di cui hanno bisogno, senza mai ottenerlo. Ciò è frustrante e devastante. Voler bene "a senso unico"... Quindi, per me, è bene non "partire prevenuti", ma anche guardare obiettivamente con chi hai a che fare e non accontentarsi del primo arrivato, ma capire cosa vogliamo per noi. Volersi bene, è anche questo.
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