
Cotone sulla pelle. La coltivazione dei bianchi batuffoli è fatta soprattutto sulle spalle dei minori e le tecniche di produzione intensiva danneggiano pesantemente l'ecosistema. Molti marchi che producono magliette in cotone hanno ancora molto da imparare.
L'Uzbekistan è uno dei principali produttori di cotone, tristemente noto in tutto il mondo per lo sfruttamento della manodopera minorile. Uno sfruttamento non casuale, ma organizzato e sistematico con il benestare del governo. I bambini devono lavorare nelle piantagioni a partire dai 7 anni, interrompendo gli studi per due mesi e mezzo ogni anno. Se non rispettano la quota di prodotto da raccogliere, subiscono punizioni fisiche e rischiano di vedere compromessa la loro carriera scolastica. Esiste una campagna internazionale che boicotta l'acquisto del cotone da tale Stato, ma pochi marchi si sono adeguati. Solo Solidal Coop lo fa. Ci sono altri Paesi che sfruttano il lavoro minorile, in India, per esempio, molti piccoli vengono ceduti ai produttori in condizioni di quasi schiavitù dalle famiglie sull'orlo del collasso a causa dei debiti. Il salario di sussistenza non è pagato quasi da nessuno e anche il prezzo più equo ottenuto grazie alle certificazioni non garantisce.
Un esempio: in media una maglietta di cotone non biologico costa 10€, 7 finiscono nelle tasche dei venditori e aziende che ci mettono il marchio e solo 30 centesimi coprono i costi del cotone grezzo (i salari dei lavoratori delle piantagioni sono pari a 2 centesimi).
Sulla base delle certificazioni esistono varie categorie di magliette di cotone:
- Magliette convenzionali: Sono prodotte con una materia prima coltivata in modo convenzionale e senza protezione dei lavoratori e dell'ambiente ( fra gli altri: Lacoste, Diesel, alcune Nike, Fruit of The Loom)
- Magliette Better Cotton Initiative (Bci): Richiede un cotone "migliore", attraverso il rispetto di standard e normative che sono meno restrittive di quelle seguenti.
- Magliette Fairtrade: Sono prodotte con cotone certificato da piante no Ogm. Il bollino si applica però solo al cotone grezzo e non al confezionamento. Sono affidabili solo se il produttore o il venditore aderiscono a due associazioni, l'Ifat (International fair trade association) e l'Efta (European fair trade association).
- Magliette in cotone ecologico: Sono realizzate con cotone certificato (senza l'uso di pesticidi chimici e non può essere transgenico) e riportano l'indicazione "100% cotone biologico". Si trovano da H&M e Nike.
- Magliette biologiche: Riportano l'indicazione "biologico". Oltre ad usare cotone biologico, anche la produzione e la manifattura sono certificate in modo da limitare l'uso di sostanze chimiche che hanno un impatto negativo sull'ambiente e sull'uomo. In Italia le certificazioni sono Aiab-Icea, Ecocert, Skal e bioRe. L'ultima è la certificazione di Solidal Coop.
- Magliette miste: Sono composte da cotone biologico e cotone convenzionale. Nike, ad esempio, sostiene di impiegare il 5% di cotone biologico nelle sue t-shirt convenzionali.
La certificazione Oeko-tex 100 garantisce la salute del consumatore fissando livelli massimi di residui di sostanze chimiche nel prodotto finito. Nel processo produttivo possono comunque continuare a essere usate queste sostanze.
In sunto, la maglietta migliore dal punto di vista etico sarebbe quella che unisce la certificazione Fairtrade a quella biologica: insieme garantiscono le migliori condizioni ai produttori, i migliori standard ambientali e finanziamenti allo sviluppo delle comunità locali.
A puro titolo informativo, una t-shirt Solidal Coop (in cotone biologico, con standard bioRe, attenta allo sfruttamento dei giovani, che non pesca dall'Uzbekistan) costa 7,90€. Stesso prezzo per H&M (anche lei usa cotone biologico e ha certificazione Oeko-tex 100). 20 eurini circa per una Nike (in cotone biologico, ma con problemi sul rispetto del salario minimo legale). Le Diesel navigano sui 35 € ( non vende magliette in cotone biologico ma non compera dall'Uzbekistan). Le Fruit of The Loom costano sui 12€ (con certificazione Oeko-tex 100, ma con diritti dei lavoratori violati in Cambogia, Giordania, Marocco, India, Indonesia). Per una Lacoste si spendono circa 56€ (non vende magliette in cotone biologico o Fairtrade, non c'è codice di condotta per i diritti dei lavoratori, ha una controversia con un fornitore indiano sull'impiego del lavoro minorile).
Il fashion si paga...in tutti i sensi. :o(
visto i costi del prodotto finale, ancora tutto gira in modo che la gente non compri l'ecologico e che il paese ricco sfrutti il povero! nulla di nuovo in vista! :o(
RispondiElimina@ ZENITeNADIR: Dipende dalle marche. I costi possono benissimo essere inferiori a pari qualità o addirittura sulla migliore qualità. Le griffe si fanno pagare, e caro, ma le magliette le pagano sempre poco. E' o' bisness... :o(
RispondiElimina@ ZENITeNADIR: Dipende dalle marche. I costi possono benissimo essere inferiori a pari qualità o addirittura sulla migliore qualità. Le griffe si fanno pagare, e caro, ma le magliette le pagano sempre poco. E' o' bisness... :o(
RispondiEliminaecco! :o(
RispondiElimina@ ZENITeNADIR: Esempio: Lacoste a 56 € mi pare. Prendendole in India, quanto le pagheranno? 10 euro? Il guadagno è evidente. Altra cosa è il guadagno su una t-shirt non firmata della stessa qualità che costa 8 euro!
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