Capitolo 1

Questo diario mai scritto è il mio. E' accaduto veramente.
Con una famiglia completamente assente affettivamente, provai fin da piccolissima, la pulsione irrefrenabile di cercare all'esterno quello che non avevo in casa. Avevo capito che la mia famiglia non era normale, che altre bambine vivevano amate dai genitori e io, per motivi che imputavo a me stessa, ma mi sfuggivano, non sapevo nemmeno cosa volesse dire una carezza, un bacio, un rincuoramento, una gratificazione per un bel voto a scuola. Vivevo nel vuoto. Che mi era entrato dentro, e che anche adesso è una parte di me.
Soffrivo ed ero arrabbiata. Ero una bella ragazzina, formata in ampio anticipo rispetto alle coetanee. A 12 anni avevo già il fisico di una sedicenne. Assomigliavo a Patty Pravo. Mi truccavo come lei, quando camminavo c'era tutto uno svolazzare di foulard, che mettevo sulla borsa, al collo, fra i capelli.
Incontrai il primo fidanzatino a 13 anni, lui ne aveva uno più di me. Paolo. Eravamo sempre insieme. Vivevo quel sentimento con le labbra spaccate dalla sete di amore, di tenerezza, di protezione.
Cominciammo dopo un pò a conoscere la nostra sessualità, senza fare sesso. Ci accarezzavamo e ci toccavamo per scoprire tutte le differenze. Era molto bello e ci elettrizzava. Finchè un mese saltai il ciclo. Non ci feci caso e nemmeno mia madre. Diceva che mi ero formata presto e che poteva saltare. Dopo 5 mesi mi portò da un ginecologo dell'usl che ci disse che ero incinta. Non si vedeva. Non avevo fatto sesso completo, ero vergine. Difatti non mi visitò  come una donna. Vidi la disperazione negli occhi dei miei, mio padre mi disse che non mi picchiava perchè tanto era inutile. Cercò un macellaio per farmi abortire. Non trovò nessuno disposto a prendersi la bega di far abortire una ragazzina di 13 anni incinta di 5 mesi. Io mi chiusi in me stessa. Nulla mi spostava. Accettavo passivamente tutte le loro decisioni. Volevo tenere il bambino. Mia madre mi disse che l'avremmo tenuto e che lo avrebbe fatto risultare come suo. Io e lei fummo deportate a Bologna. Prendemmo una stanza vicinissime a San Petronio. Mangiavamo in una piccolissima trattoria lì vicino. Mi comperò una fede falsa per far vedere che ero sposata. Non voleva comperare il corredino, diceva ci pensavamo dopo. Avevo una grande mantella per nascondere la vergogna.
Aspettavamo.